Sono tre gli atleti indiani al via della maratona olimpica. Ghopi Thonakal, Kherta Ram e Nitendra Singh Rawat. La partecipazione per tutti e tre e per tutta l’India vale molto. Per Nitendra, però, vale un po’ di più. Per lui la corsa vale un po’ di più. E’ tutta la vita che è così per questo ragazzo nato nel villaggio di Garur, distretto di Uttarakhand, al confine tra la Cina e il Nepal. Là dove la corsa è stata prima di tutto l’unico mezzo possibile per andare a scuola. Cinque chilometri per andare e altrettanti per tornare, più quelli che servivano per inseguire gli animali nei pascoli. L’allenamento, insomma, è iniziato fin da subito.
L’allenamento è proseguito in circostanze ancor più difficili. Nitendra si arruola presto nell’esercito, ma non smette di correre. Diventa infatti fante di frontiera, stavolta nel Kashmir, proprio nei pressi della “Line of Control” che separa la parte pakistana da quella indiana. Correre è fondamentale, per cercare e portare notizie. E per scappare, se serve. Lì, però, sulle rive del fiume Poonch, Nitendra inizia a pensare che quella vita iniziata troppo presto (in India il servizio militare è volontario) è meglio che finisca il più presto possibile.
Nitendra continua a correre. Vuole lasciarsi indietro quella vita e ne trova una nuova a Pune, dove prima trova un allenatore, Surinder Singh Bhandari, poi lo convince a passare dalla pista alla strada, dal mezzofondo alle lunghe distanze. Dopo un test sui 32 chilmetri nel 2015, arriva la prima maratona, ai Giochi militari: 2h18’06”, tempo che basta per qualificarsi a Rio, dove sarà al via della maratona domenica 21 agosto, nonostante un infortunio alla tibia per il quale ha rischiato di essere rispedito nel Kashmir. Il suo tempo nel frattempo è migliorato. A Rio vuole arrivare a 2h10’00” o comunque battere il record indiano di 2h16’22”, che risale a Montreal 1976. “Non avrebbe senso non provarci” ha detto a The Indian Express.
Corri, Nitendra. Il turno di guardia può aspettare, un’occasione come questa no.
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