Ha chiuso la sua carriera quattro giorni fa, senza riuscire a vincere una medaglia ai Giochi paralimpici di Rio. A Londra aveva preso un bronzo nei 100 farfalla, migliorando il nono posto di quattro anni prima a Pechino. Non ha rimpianti, Achmat Hassiem, nuotatore sudafricano che ha già deciso cosa fare al termine della sua carriera agonisticia, finita a 10 anni esatti dal giorno in cui perse una gamba.
Anche quel giorno era in acqua. Al largo di Muizenberg, praticamente una delle spiagge di Città del Capo. Stava facendo un’esercitazione di salvataggio, dato che era impegnato nel corso per diventare bagnino. In acqua con lui c’era anche il fratello Tariq, al quale a un certo punto iniziò ad avvicinarsi un grande pesce… «Pensavo fosse un delfino – ha raccontato Achmat – ma misi la testa sotto l’acqua per controllare e mi accorsi che era uno squalo». A quel punto ha urlato ai compagni di corso e agli istruttori che erano in barca di andare a salvare il fratello, mentre lui provava ad attirare l’attenzione dello squalo. L’attenzione, però, è stata catturata fin troppo bene. Lo squalo l’ha assalito, lui ha provato a salirgli sulla schiena, ma la gamba destra non ne voleva sapere di salire. «Mi girai e mi accorsi che era nella bocca dello squalo». Che lo ha trascinato per 50 metri, la distanza di una piscina, prima che i compagni riuscissero a tirarlo a bordo mentre lo squalo finiva di prendersi la gamba.
Dopo l’operazione, Achmet ha ottenuto di poter conservare i pezzi di dente di squalo che gli erano stati tolti dal corpo. E, ispirato dalla storia della campionessa sudafricana Natalie du Toit, si è rituffato in acqua. In piscina. Cinquanta metri senza uno squalo attaccato a una gamba, anzi, senza una gamba. «Per andare più forte, immagino di essere attaccato da uno squalo. Proprio da quello squalo che mi ha cambiato la vita e mi ha permesso di sfruttare al meglio le mie opportunità». Sembra quasi un grazie. Grazie al suo impegno, intanto, è riuscito a partecipare a tre olimpiadi. E adesso che smette, sa già cosa fare.
Continuerà ad andare a trovare lo squalo che gli ha strappato la gamba. E, da avvocato quale è diventato, lavorerà nell’associazione che difende gli squali dalla pesca eccessiva che rischia di interrompere la catena alimentare dell’oceano. «Vedere qualcosa che pesa oltre una tonnellata lanciarsi fuori dall’acqua è incredibile. Qualcosa che non si vede tutti i giorni». Come questa storia. Il capitano Achab non ha eredi.