Il Giro di Lombardia di sabato è stata una grande gara. E ha avuto un grande vincitore. Esteban Chaves, colombiano, 26 anni. Segni particolari, sopravvissuto. Al Trofeo Laigueglia del 2013 in seguito a una caduta si ruppe, in ordine sparso, clavicola, mano, zigomo, mascella, sfenoide, costole e un osso dell’orecchio. Ha rischiato di morire, si è salvato e ancora oggi ha un uso parziale del braccio destro, che tuttavia non gli ha impedito non solo di tornare a correre, ma anche ad alto livello (è stato terzo alla Vuelta e secondo al Giro d’Italia).
Non si è mai tolto il sorriso dal volto. Lo ha ripetuto anche sabato dopo la vittoria. «Perché sorrido sempre? Non lo so. Forse sono diverso dagli altri. La mia vita non è stata facile. So che sono un privilegiato perché faccio ciò che amo. Lo sport non è la guerra, è gioia. Quindi sorrido. E allora, se vinco sorrido per il risultato, se perdo non importa, è stato bello lo stesso».
La spiegazione di questo modo di pensare si potrebbe abbastanza facilmente trovare in una
reazione a ciò che gli è capitato nel 2013. Ma forse non è solo questo. Forse all’origine c’è altro. Lo può intuire chi è stato testimone della scena che i fotografi hanno immortalato e molti siti specializzati in ciclismo hanno raccontato al termine del Giro d’Italia, mentre tutti gli italiani esultavano per la vittoria di Nibali, che lo aveva battuto all’ultima occasione.
«Nibali! Nibali!» si sentì chiamare l’italiano mentre rilasciava interviste. «Nibali! Grande! Tu eres un grande campeón!» Erano il padre e la madre di Chaves. Nibali li ha riconosciuti e li ha abbracciati a lungo. Si è quasi scusato per aver tolto la vittoria a Esteban, ricoprendolo di complimenti. I genitori lo hanno ringraziato e poi si sono messi ad aspettare il figlio, per consolarlo. Ma lui sorrideva, quel giorno che aveva perso, come dopo il Lombardia, che ha vinto. E anche dopo il Lombardia i genitori hanno abbracciato il vincitore.