Oggi, 23 novembre 2019, Larry Wright compie 65 anni. Questo è uno stralcio del capitolo a lui dedicato in “Banco! L’urlo del Palaeur“, il libro dedicato all’epopea del Bancoroma basket.
In Louisiana, ogni cosa sembra star lì per ricordarti che sei piccolo. E nero. Mica Calimero, semplicemente discendente di uno dei tanti schiavi addestrati a finire ogni risposta all’uomo bianco con un “Yes, sir” e gli occhi bassi. Massa umana deportata prima per alimentare lo sforzo di guerra contro il nord, poi per diventare proletariato permanente da ingannare per un voto. Ma è proprio lì, tra ghetti e zanzare, in quei rari momenti in cui la nebbia se ne va e dal Grande Fiume si sente l’odore dei caraibi, tra le note di una vecchi canzone country, che riemerge la forza dell’uomo. Magari in una famiglia senza padre, dove devi dividere due stanze con sei fratelli e due sorelle, oltre ad assolvere i compiti che mamma Recie assegna a ognuno per portare avanti la casa. “Sentite che bel nome, sentite che musica: Recie Wright. L’ho sempre vista al lavoro, già dalle sei di mattina, ogni giorno. E non posso dimenticarlo. Per questo lei è uno dei miei numeri uno”.
Parole di Larry Glenn Wright, nato a Monroe, Louisiana, il 23 novembre 1954. Mamma Recie lavora per fare in modo che i figli possano studiare ed evitare la strada più breve, quella della malavita. Wright nell’inglese antico significa lavoratore. Lavorano, i piccoli Wright. Qualcuno in un bar, qualcun altro fa le pulizie in casa di qualche bianco, uno ha il compito di lavare i piatti. Il lavapiatti, però, è uno che un giorno continua a guardare in alto, là dove stanno i sogni, e magari un canestro. “A 6 anni, nella palestra della scuola elementare, già cercavo di mandare la palla a canestro. Ma lei faceva le bizze, non ne voleva sapere di volare lassù. Dopo alcune settimane, finalmente il miracolo. Canestro!”
Larry non ha più dimenticato quel momento. Non vuole lavare i piatti, vuole giocare a basket, essere il migliore. Così potrà veramente aiutare la sua famiglia. Lava solo i primi piatti, poi li mette sopra alla pila per coprire quelli sporchi, e scappa con il pallone. “Sono diventato così veloce perché mamma, quando se ne accorgeva, mi inseguiva con il bastone. E se non me la davo a gambe erano guai”. Troppo veloce. “Gioca a basket, se vuoi. Ma se non diventerai forte, dovrai lavare i piatti per tutta la vita”. Poi diventa più dolce. “Figliolo, qualsiasi cosa tu faccia nella tua vita, fai sempre del tuo meglio”.
Il resto del racconto è pubblicato in “Banco! L’urlo del Palaeur”, il libro dedicato all’epopea del Bancoroma basket che trovate qui.