Tutti vogliono fare la maratona. Non tutti riescono a correrla a Roma per scherzi del calendario, vedi la concomitanza con due colossi come Parigi e Rotterdam, cui da un paio d’anni s’è aggiunta anche Milano (che pure al massimo arriva alla metà degli arrivati…). Tutti sembrano volerla organizzare a Roma. Chi lo fa dal 1998, forte di un’esperienza unica e di numeri in costante crescita, è Enrico Castrucci, il più titolato a parlarne. E già al lavoro per la prossima edizione, dell’8 aprile 2018.
Roma è la culla del running, lo dimostrano i numeri e l’esplosione delle gare. L’Acea Maratona di Roma, il più famoso evento di running italiano, ha avuto un ruolo in questo boom?
“I meriti vengono attribuiti e non siamo abituati a prenderceli da soli. Ma è evidente il nostro apporto al boom del running a Roma. Organizziamo sei gare, tutte uniche nel loro genere, che portano a correre oltre 110.000 persone l’anno. La Maratona di Roma gode di una diretta internazionale da sette anni, quindi l’immagine della capitale sportiva la diffondiamo nel mondo. Inoltre promuoviamo le bellezze della città in decine di capitali estere in occasione degli expo dei più grandi eventi di running. Diciamo che un contributo lo diamo”.
E nel 2018 avete scelto una sede straordinaria per l’expo…
“Il Marathon Village è divenuto un brand riconoscibile nel corso degli anni e le aziende prenotano gli spazi con mesi di anticipo, a testimonianza del valore che offre agli imprenditori dello sport e alle associazioni non profit, che sono una delle parti portanti dell’expo. Nel 2018 il Marathon Village sarà qualcosa di unico, perchè sarà allestito al Roma Convention Center dell’Eur, per intenderci alla “Nuvola di Fuksas”. Sarà un’occasione imperdibile anche per i cittadini, sotto ogni punto di vista. Quasi tutti gli expo delle gare più importanti al mondo si fanno in capannoni o hangar, non dentro una struttura così prestigiosa”.
Il prossimo 8 aprile si correranno in contemporanea le maratone di Parigi e Rotterdam. Cosa hanno in più di Roma?
“La cultura francese per il running è inarrivabile per tanti motivi. Basterebbe considerare il vasto bacino di maratoneti che ha rispetto all’Italia e, di conseguenza, il beneficio che riceve Parigi, che già di per sè ha 13 milioni di abitanti con il suo hinterland, per capire che i numeri sono inavvicinabili. Rotterdam invece è un evento che adotta diverse formule e distanze il giorno di gara, cosa improbabile da noi per le ristrettezze del percorso. Per i parigini poi, come per i newyorchesi, berlinesi e edochiani, il giorno dell’evento è percepito come una festa della città al pari di quelle istituzionali. Addirittura, come accaduto il 24 settembre scorso a Berlino, la maratona si può svolgere in contemporanea alle elezioni politiche perchè considerata intoccabile per ciò che rappresenta a livello d’immagine non solo per la capitale tedesca ma per l’intera nazione. Noi dobbiamo convincere i cittadini che è una festa, investendo in comunicazione e coinvolgendo centinaia di realtà territoriali per far si che l’intera città percepisca il clima di festa”.
Il format della Maratona di Roma però piace sempre di più: qual è la ricetta?
“Per correre una maratona in Italia ci sono obblighi unici al mondo, come sappiamo. Il partecipante devi andartelo a cercare ogni giorno cercando di offrirgli qualcosa di importante che lo convinca a mettere da parte, ad esempio, la frustrazione del certificato medico agonistico che ha delle peculiarità burocratiche uniche al mondo. E’ un tema ricorrente questo, ma basterebbe leggere i dati oggettivi dei nostri partecipanti stranieri, che vengono un anno e poi ci pensano due volte a ritornare, per capire che è un problema serio. Di necessità però abbiamo fatto virtù, creando un format basato sull’unicità del percorso, sulla qualità dei servizi e sul calore con il quale accogliamo i partecipanti a partire dal ritiro del pettorale e finendo nel post gara. Questo ci contraddistingue dagli altri e i runner ce lo riconoscono in tutto il mondo”.
(Da Il Romanista, 26 ottobre 2017)
L’andata ha fugato quel solletico verso la grande Inglese. Non abbiamo subito sotto l’aspetto mentale, secondo me il gioco di Conte lascia spazi alle nostre interpretazioni. Rispetto ma non paura, non dobbiamo allargare le maglie dietro, non pensiamo di trovare un Chelsea ridimensionato anche se i malumori si riflettono in campo. Se lo scorso anno si sono inseriti rendendo tutti al massimo tra gli errori e il rodaggio delle due di Manchester, quest’anno non e’ la stessa squadra, nemmeno ha la stessa resa ma Hazard sta prendendo la forma. Penso che tenere bassi i loro esterni sia determinante, gli togli tanto, se li costringi a 5, poi il baricentro ne risente di conseguenza ma vediamo cosa vorrà’ fare Conte, forse lasciare le redini del possesso a noi per ripartite all’italiana in contropiede. Contro un Crotone peggiore e’ partito col 343 lasciando fuori William e Cahill, i cambi sono iniziati a 15 dalla fine, conservativi, con Drinkwater messo alla Kante’ per Pedro, di fatto un 352- 3511, con William subentrato ad Hazard dietro a Batshuayi che ha fatto riposare uno scampolo di gara Morata. Meglio non lasciare Hazard nell’uno contro uno, si muove molto, a volte la prende tra le linee, a volte si allarga o cerca il triangolo per il tiro. Sulle fasce sarebbe meglio un raddoppio, può’ diventare un Perisic 2. Bisogna vedere se rientrerà’ Kante’ , se mettera’ i 3 in mezzo lasciando Hazard e una punta , se giocherà’ il 3421 di movimento o il 343 con Pedro più’ attaccante di William. Noi abbiamo acquisito certezze, a queste dovremo migliorare sottoporta, servirà’ pazienza ma non mi sento inferiore a questo Chelsea.