Non tutti sognano di essere campioni nella corsa, o nello sci, o nel salto in lungo, o nel bob. Eccetera. Non c’è bambino, però, che almeno una volta non abbia sognato di andare alle Olimpiadi, senza porsi il problema della disciplina o della stagione. Forse è il senso del motto “l’importante è partecipare”, anche se non possiamo chiederne conferma a nessuno, neanche tornando indietro nel tempo, dato che De Coubertin non pronunciò mai quella frase. Anzi, il primo a voler soprattutto vincere era lui, ma se ne fa cenno in Olimpiche e non è questa la sede per approfondire. Le due cose poi non sono necessariamente in contraddizione.
Vonetta Flowers è una ragazza afroamericana che sogna di partecipare alle Olimpiadi e che, forse perché è originaria dell’Alabama come Carl Lewis e Jesse Owens, sogna anche di vincerle. Corre e salta, proprio come i due figli del vento. Nell’estate del 1982 DeWitt Thomas, allenatore dei Marvel City Striders (oggi Alabama Striders) si reca nella sua scuola, la Jonesboro Elementary School, a caccia dei ragazzi più veloci. Li mette in fila all’entrata di un parcheggio e li fa correre fino all’uscita. La velocità per lui è fondamentale e così, per non perdere tempo, accanto ai tempi cronometrati segna solo i cognomi e le iniziali dei nomi dei ragazzi per poi contattare i genitori dei più veloci e chiedere il permesso di farli allenare da lui. Il primo da cercare è questo V. Jeffery, che è stato il più veloce. V. Victor? Vincent? No, sorpresa. Vonetta. Una ragazza. La più veloce di tutti e tutte. La sorpresa si trasforma rapidamente in entusiasmo. “Come lei se ne trovano una su un milione. Ha un talento eccezionale e un cuore d’oro”. S’illumina, quando parla di lei, è sicuro che un giorno andrà alle Olimpiadi. Vonetta vine tutte le gare cui partecipa, si diploma e s’iscrive al college. Con ben 35 titoli, è l’atleta più decorata all’università dell’Alabama. Nel 1996 arriva fino ai trials, sia nei 100 metri sia nel salto in lungo, ma non ce la fa. Il suo sogno però è intatto: partecipare alle Olimpiadi. Per quattro anni si concentra solo sul salto in lungo. Stavolta, però, ai trials arriva senza speranza. Solo pochi mesi prima era in un letto d’ospedale per un’operazione, l’ottava in cinque anni. Non ce la fa e il 29 settembre guarda la gara in tv. Vince una bianca, Heike Drechsler, davanti a due nere, Fiona May e Marion Jones. Dopata, quest’ultima. La sua medaglia di bronzo oggi ce l’ha Tatiana Kotova. E’ il suo addio all’atletica, dal giorno dopo penserà a mettere su famiglia.
Ma è proprio in famiglia che non la pensano così. Due giorni dopo, il primo ottobre 2000, il marito di Vonetta, Johnny, porta a casa un volantino. La squadra di bob degli Stati Uniti cerca candidati. Le sole cose che Vonetta sa sul bob le ha imparate dal film “Cool runnings”, quello sulla squadra jamaicana, ma Johnny è un ex atleta e così lei lo accompagna. Quell’ “ex” davanti ad “atleta” si fa sentire subito: il bicipite femorale tira, anzi si stira e Johnny si ferma. Quell’infortunio, forse come i tanti che hanno tormentato Vonetta prima dei trials, cambia per sempre le loro vite. Vonetta non si infortuna, anzi, in-fortuna. Una fortuna che la ragazza si merita, perché lei è “ex” da poco e la federazione americana sta cercando qualcuno bravo nella fase di spinta. Vonetta va fortissimo, è la migliore, come tanti anni prima nel parcheggio della scuola. Non ha un bel ricordo di quel giorno. «Nessuno mi aveva avvertito della forza centrifuga che bisogna sopportare».
La sopporta, eccome se la sopporta. Diventa sempre più brava, il suo fisico (1.68 x 70 kg) forse non era il massimo per l’atletica, ma assicura la spinta che serve. E’ brava, insieme a Jill Baken ancora di più. Bob a due, Olimpiadi, il sogno da bambina. La pista non è rossa ma di ghiaccio, le scarpette non sono chiodate, non si salta in lungo ma si scivola verso il basso. E la paura della forza centrifuga? «Credo che la paura non se ne andrá mai del tutto. Mi fido, ma faccio sempre una piccola preghiera affinchè arriviamo in fondo sane e salve». L’importante è partecipare e arrivare.
Il 19 febbraio 2002, 16 mesi dopo la prima prova, Vonetta Flowers, con 1’48” di discesa, diventa la prima atleta afroamericana a vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi invernali.
Diventa istantaneamente un simbolo per tutti gli afroamericani e per tutto lo sport.
Credeva che l’importante fosse partecipare e per questo ha vinto.