Da Sanremo a PyeongChang, col biathlon. Dominik Windisch, prima di sparare pensa.

(Da Il Romanista del 12 febbraio 2018)

Prima di sparare, pensa. Cantava così Fabrizio Moro quando, nel 2007, vinceva il festival di Sanremo tra le nuove proposte e Dominik Windisch non era neanche nella Nazionale di biathlon Oggi Fabrizio Moro vince il Sanremo dei grandi e Dominik Windisch vince una inattesa medaglia di bronzo olimpica nella 10 km sprint di biathlon. La prima dell’Italia, che forse non fa parte del conto del presidente del Coni Malagò quando dichiarava di puntare a dieci. Ma poi, prima di sparare, un biatleta a cosa pensa? Probabilmente a niente, non ne ha il tempo e non può perdere tempo. Chi ci pensa anche solo un secondo in più, molto spesso sbaglia.

Chissà, magari prima di sparare l’ultimo colpo ieri, dopo una prova perfetta al poligono, Dominik si è messo a pensare. Avrà pensato alle prime gare, a 10 anni, quando arrivava spesso ultimo. Aveva iniziato guardando il fratello Markus, fino a qualche anno fa compagno di Nazionale e bronzo in staffetta con lui quattro anni fa a Sochi. Lì ad Anterselva (Alto Adige), dove i due sono cresciuti, c’è un bellissimo stadio di biathlon (ospiterà i Mondiali nel 2020) ed appassionarsi è facile. Prima di sparare magari avrà pensato anche a tutte quelle volte in cui non andava a scuola per guardare gare o allenamenti di biathlon e il giorno dopo i professori neanche volevano vedere le giustificazioni. Lo sapevano già dov’era stato. Avrà pensato a che razza di gara stava facendo lui, che con gli sci ai piedi è uno dei più forti, ma non si può dire altrettanto quando c’è da sparare? Era primo perché i favoriti, compreso il mito Fourcade, avevano sbagliato qualcosa. Lui no. Come il tedesco Peiffer, oro, e il ceco Krcmar, argento. Progressione perfetta, quella di Dominik. Primo giro senza forzare e senza errori, poi sempre meglio, recuperando posizioni su posizioni fino a ritrovarsi in testa. Prima di sparare l’ultimo colpo. Pensa, Dominik, prima di sparare. Già, ma a cosa? Forse a quasi 20 anni di lavoro e a quante cose ha imparato fin dalle prime gare in cui arrivava ultimo. “Nel biathlon – ha ricordato ieri – ci sono più sconfitte che vittorie”. Per questo bisogna godersi questi momenti.

Avrà pensato al prossimo ritratto da realizzare? Disegnare è il suo hobby preferito e fissare il soggetto e poi la tela, in fondo, è come fissare il bersaglio. In piedi o a terra. Piedi per terra lui c’è sempre stato, inutile perdere tempo a cercare frasi a effetto o sparate dialettiche. Ha sempre avuto coscienza di ciò che era e di quale fosse il passo successivo da compiere. Passo alternato o pattinato? Va bene uguale, con gli sci è fortissimo. Il problema forse era sempre stato pensare troppo prima di sparare.

Ha pensato, prima di sparare. Anche se non sa dire a cosa: “Non è possibile, l’avevo visto bene. Non ricordo nemmeno se mi è scappato, ero convinto di centrarlo”. Per questo ha sbagliato l’ultimo bersaglio, quando era primo. “Pensavo di avere perso l’occasione della mia vita, e invece…” E invece ha smesso di pensare e ha semplicemente dato tutto se stesso negli ultimi 1500 metri. Ha superato l’austriaco Eberhard, ha tenuto a bada il mitico Martin Fourcade, che, nonostante tre giri di penalità nelle serie a terra, era risalito fino ai primi posti. Non ha minimamente pensato che potesse fare come Dominik Fischnaller, che nello slittino ha perso il podio per due millesimi di secondo. Non è sempre domenica, Dominik. Ma non c’è sempre la possibilità di prendersi un bronzo olimpico quando nessuno se l’aspetta. “Quando sei all’Olimpiade e senti che stai lottando per una medaglia dai davvero tutto. Sei solo tu e l’adrenalina. Sto sognando, voglio godermi questo momento”.

Pensa che bello, Dominik. Dopo che hai sparato, pensa.

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