(da Il Romanista del 13 febbraio 2008)
Prendere atleti da altri sport e metterli sul bob, per un’impresa mai realizzata prima. L’idea, tutto sommato, non è nuova. La ebbero gli Stati Uniti nel 1932, quando in occasione dei Giochi invernali di Lake Placid misero sulla squadra di bob a 4 Eddie Eagan, campione olimpico di pugilato ad Anversa 1920. Ne venne fuori la storia di colui che ancora oggi è il primo e unico atleta ad aver vinto una medaglia d’oro sia ai Giochi estivi sia ai Giochi invernali. Bè, a PyeongChang c’è un’altra cosa mai vista prima: una squadra africana iscritta alle prove di bob. Fa sensazione almeno quanto la mitica squadra giamaicana di Calgary 1988 immortalata dal film “Cool running”, la storia di Seun Adigun, Ngozi Onwumere e Akouma Omeoga, tutte e tre ex campionesse ti atletica leggera. Storia che in realtà anche in questo caso parte dagli Stati Uniti. Seun Adigun, infatti, è nata a Chicago, dove vive, da genitori nigeriani e ha partecipato alle Olimpiadi di Londra con la Nigeria nei 100 ostacoli. A un certo punto però, vedendo altri atleti diventare bobbisti, deve aver pensato non solo che avrebbe potuto riuscirci anche lei, ma che nella pista col ghiaccio sì che sarebbe potuta entrare nella storia, dando alla Nigeria qualcosa che non aveva mai avuto. Anzi, a tutta l’Africa. E’ stata quella la motivazione più importante, perché in realtà la prima chiamata è arrivata dalla nazionale statunitense.
Pochi mesi dopo, però fu rintracciata dal presidente della federazione nigeriana. “Mi hanno detto che c’era una grande opportunità. Quella di contribuire a cambiare il significato di ciò che significa essere un bobbista per tutta l’Africa. Ho sentito subito che dovevo farlo”. Sempre negli Stati Uniti ha pescato altre due connazionali: Ngozi Onwumere, oro nella 4×100 ai campionati africani del 2015 e Akuoma Omeoga, sprinter (100 e 200) con l’università del Minnesota. Doti fisiche e abitudini alla velocità ci sono. Già, ma la tecnica? E i materiali? Tramite una raccolta fondi, le tre ragazze mettono insieme 150 mila dollari. Poco. E allora si comincia in economia: pista di allenamento a Houston, nel deserto, primo bob in legno. La neve in Africa non c’è, ma non riescono ad andarci neanche in America. Lavorano lo stesso, migliorano, si danno da fare con i social network e trovano altri fondi per spostarsi non solo nelle montagne americane, ma anche in Nuova Zelanda, Canada e Corea del Sud, tanto per vedere com’è il posto che custodisce il loro sogno. Che diventa realtà perché riesono a superare le cinque gare di qualificazione diventando finalmente la prima squadra africana ad accedere alle Olimpiadi invernali. “Niente mi rende più orgogliosa – ha raccontato Adigun alla CNN – di sapere che ho avuto un piccolo ruolo nell’aumentare la possibilità che gli sport invernali possano essere praticati anche in Nigeria. Ho iniziato col bob a 28 anni, senza averci mai pensato prima. Non pensavo di raggiungere l’Olimpiade. Il nostro obiettivo adesso è che quello di diventare le migliori rappresentanti africane di sempre in un’Olimpiade invernale”. Hanno trovato anche uno sponsor importante, la Visa. I loro video sui social network sono diventati virali. “Quando le persone ci vedono – dice Omeoga – ci dicono che siamo tutte uguali. Sì, andiamo molto d’accordo, anche se abbiamo le nostre diversità e ci completiamo bene”. Adigun è la guida, oltre che la fondatrice e leader. “Sono critica e analitica”, dice ci se stessa. Omwumere, invece, è la più rilassata. Omeoga la via di mezzo. Sulla pista, però, non ci sono vie di mezzo: si va a 90 miglia all’ora e guai a chi rallenta. Per la Nigeria. Per l’Africa. A -10 gradi.