Lui non era Mario Ferretti e l’uomo solo al comando non aveva la maglia biancoceleste. Lui era Claudio Ferretti e l’uomo al comando era Fausto, come Coppi. Così dicevano i cartelli d’incoraggiamento per Fausto Bertoglio, vincitore del Giro d’Italia del 1975 almeno quanto lo fu, per quell’edizione, il radiocronista della Rai che se n’è andato il 22 maggio 2020. Per problemi di diritti televisivi quell’edizione non fu trasmessa in diretta televisiva dalla Rai, che mandò in onda solo delle sintesi notturne. Erano tutti alla radio. Tutti i migliori radiocronisti, tutti gli appassionati. In sette milioni, ancora oggi un record, ascoltarono la diretta della tappa dello Stelvio.
Merckx, Baronchelli e Battaglin.
Qualche anno fa le teche Rai ripescarono le immagini da cui furono ricavate le differite e Raisport mostrò quindi le immagini mai viste di quel giro. Chissà se erano come se l’erano immaginate i sette milioni all’ascolto quando Ferretti annunciava i “27 tornanti all’arrivo”. La notizia della morte di Ferretti ci ha fatto tornare in mente quelle immagini e la storia di quel Giro. Era stato disegnato nel tentativo di mettere in difficoltà chi lo vinceva da tre anni, Eddy Merckx, che però non si presentò. Gli arrivi in quota e le cronoscalate erano cucite su misura per Giambattista Baronchelli, che ancora non era famoso per essere “uno che mangiava i soldi in tasca agli scommettitori”, come lo definì Bruno Raschi.
Sorpresa
Baronchelli non va. Il 29 maggio in maglia rosa c’è lo spagnolo Francisco Galdos. La indossa dalla quarta tappa. L’unica speranza per tornare a un successo italiano, che manca dal 1969 (Gimondi), era Giovanni Battaglin, capitano della Jolly Ceramica. E il 29 maggio in effetti si prende tappa e maglia. Il giorno dopo, però, nella cronoscalata anti-Merckx, crolla. Chi vola invece è il suo compagno di squadra, Bertoglio. Fausto, come Coppi con Bartali, supera il suo capitano e si mette la maglia rosa. Anche Galdos è dietro. “Ma chi è questo?”, sembra chiedersi. Molti non sanno neanche che faccia ha, a meno che non vedano la differita serale.
Fausto, come Coppi
….è uno di poche parole. E’ un gregario che fa gruppo, bravo a suonare la chitarra, che non ha grandi vittorie alle spalle, dicono abbia un ottimo colpo di pedale ma che non sia portato per fare il capitano. E’ pure in imbarazzo ora che Battaglin diventa il suo gregario. Preferisce stare nell’ombra, ma ora si trova sotto i riflettori. Non quelli delle telecamere e probabilmente questo lo aiuta. Però a volte succede, nello sport. Bertoglio non ha il tempo di pensare alla responsabilità, lo ammazza andando il più forte possibile. Arrivando il 7 giugno 1975 alla base dello Stelvio con 41 secondi di vantaggio su Galdos. Che è forte, ma non è certo Contador.
“27 tornanti”
urla nel microfono della radio Ferretti. Per arrivare a 2757 metri di altitudine. Dopo essere passati per altri tre gran premi della montagna. Cedono tutti, tranne Bertoglio e Galdos. Che deve provarci ora, o mai più. Scatta, si ferma, scatta ancora, si alza sui pedali, ci riprova. Fausto, non come Coppi, non vuole l’uomo solo al comando, anche perché non sarebbe lui. Lascia vincere la tappa allo spagnolo, secondo un codice non scritto del ciclismo. La maglia rosa resta sulle spalle di Bertoglio e il Giro torna ad avere il suo vincitore italiano, anche se non è né Baronchelli, né Battaglin, né Gimondi, terzo. Le telecamere vanno su Fausto, come Coppi, Bertoglio. In Rai lo vedono solo in differita. Vincerà solo un’altra corsa prima della fine della carriera. Non è abituato alle telecamere e, tutto sommato, è il vincitore più giusto per il Giro senza diretta televisiva.
Non è stato solo al comando, come Fausto, e infatti non è stato raccontato da Mario Ferretti, ma da Claudio.