Tra i presidenti americani, Bill Clinton è sicuramente quello che ha fatto più di tutti per diffondere la sua immagine di podista. Termine che però è un grande insieme che comprende vari sottoinsiemi. Un “runner”, ad esempio, oggi è uno che non solo corre, ma che lo fa anche con un certo spirito agonistico e voglia di migliorarsi. E la domenica si fa qualche gara. Un “jogger”, invece, vocabolo un po’ superato, indica più che altro il vero corridore della domenica, nel senso che corre solo la domenica e che prova solo a tenersi in forma. Ecco, se Jimmy Carter e George W. Bush, delle cui abilità podistiche abbiamo già parlato, erano sicuramente dei runner (con alterne fortune), Bill Clinton è l’immagine del jogger. Passo lento, unico obiettivo sentirsi meglio.
Durante i suoi otto anni di presidenza, diceva di correre tre volte a settimana per 40 minuti. E raccontava: «Sono gli unici momenti in cui dimentico la politica». Difficile credergli, perché è vero che lo si vedeva sempre correre, ma bastava soffermarsi un po’ a guardarlo per notare una falcata decisamente poco convinta, gambe la cui poca tonicità era resa evidente dalla sua passione per calzoncini cortissimi, una pancetta che aveva molta più resistenza di lui, paonazzo in viso dopo pochi minuti. Magari cedeva quando si spegnevano le telecamere, che però lui amava vedere accese durante le sue corse. Probabilmente gli piaceva pure, dato che pare fosse imprevedibile: a volte usciva dallo studio ovale per andare a correre con i podisti del Mall salutando tutti. «Erano i momenti peggiori – ha raccontato Dan Emmett, responsabile della sicurezza, nelle sue memorie – Correva rischi enormi. Gli agenti erano ben allenati, certo. Ma in quelle circostanze servivano quelli in grado di correre portando con sé un’arma e una radio, tenendo gli occhi aperti, pronti a intervenire».
Portava spesso con sé il suo vice Al Gore, che però rientrava più nella categoria dei runner (4h58’27” alla maratona dei Marines nel 1977) e magari andava un po’ più piano di quanto non potesse fare, per non lasciarlo indietro. Come fece anche Franco Malvano, vice questore di Napoli, che faceva 15 chilometri al giorno e per non più di 5 corse al suo fianco sul lungomare durante la visita di Clinton in Italia nel giugno del 1994. Qualche giorno prima, a Roma, fecero allontanare i barboni da Villa Borghese per farlo correre. Ma non avevano fatto i conti con tre studenti che, mentre andavano a scuola, lo riconobbero e gli urlarono: «Vai, Buffalo Bill!» Lui, imperterrito, continuò a correre. Nominò consulente per l’educazione la primatista del mondo dei 100 metri Florence Griffith-Joyner. Ma, si scoprì qualche anno dopo, non era lei il tipo di donna dietro la quale amava correre.