Si è spento Mario De Sisti, allenatore del Bancoroma che vinse la Coppa Korac nel 1986. Poco più di un anno fa l’avevo intervistato proprio per ricordare quel successo. Questa è la mia ultima chiacchierata con lui.
Il 27 marzo 1986, il Bancoroma vinceva la Coppa Korac vincendo la finale di ritorno con la Mobilgirgi Caserta. Una cavalcata trionfale in un’annata intensa, a volte anche sofferta, sicuramente appassionante. La raccontiamo naturalmente in “Banco! L’urlo del Palaeur”, il libro sugli anni più belli del basket romano. Stavolta ne parliamo con Mario De Sisti, allenatore del Banco nel 1985-86.
De Sisti, come iniziò la sua avventura a Roma?
Fu Valerio Bianchini a segnalarmi al Bancoroma. Avevo proposte da Cantù e Torino. Scelsi Roma anche perché Valerio mi diede delle garanzie. Personaggi come lui ne nascono uno ogni 50 anni in Italia. Mi sorprende che la Fip non lo utilizzi per l’immagine del basket italiano. Comunque a Roma Mmi sono trovato molto bene e tuttora quell’annata è uno splendido ricordo.
Le pesava venire dopo il tecnico che aveva vinto tutto?
No, non ho mai avuto paura di niente. Ho un carattere forte, che a volte mi ha fatto anche commettere degli errori, non lo nego. Ma di sicuro la paura non mi apparteneva. Sono sempre stato un missionario.
Appena arrivato, in estate, ci fu la Coppa Intercontinentale in Spagna.
Servì per conoscere parte della nuova squadra. Non c’erano né Rautins né Flowers, avevamo in prova un americano che si ubriacava tutte le sere e che all’ennesimo whiskey mandai a casa. Giocammo con uan squadra filippina, una brasiliana, una americana, c’erano anche il Barcellona e il Cibona. Vidi comunque che c’era ottimo materiale su cui lavorare.
Un gruppo di valore.
Guardi, io avevo ed ho ancora un amore viscerale per Sbarra. Ci siamo anche scontrati, abbiamo litigato, ma lui mi ha sempre seguito. Spesso lo incontro perché io seguo i giovani e lui lavora con la Stella Azzurra e ogni volta ci abbracciamo. Sento per lui un affetto particolare. E’ un ragazzo meraviglioso e mi diede tantissimo in quell’annata. Naturalmente anche il nucleo storico, con Gilardi, Polesello e Solfrini era fatto di ottimi giocatori, ma non c’era un grande feeling con loro. Forse ho sbagliato qualcosa anche io. Però naturalmente conoscevo il loro valore e lavoravo per farli rendere al massimo.
In campionato quella squadra avrebbe potuto arrivare molto lontano in effetti…
Fu solo sfortuna. Faticammo a raggiungere i playoff, ma ribaltammo subito il fattore campo con la Virtus Bologna di Gamba. Fummo eliminati poi con Cantù per colpa di una scivolata a metà campo su una pozza di sudore. Loro segnarono poi con Cappelletti, che non s’è mai più sentito. Altrimenti saremmo arrivati dritti in finale, perché eravamo in grande forma.
Parliamo anche di Rautins e Flowers.
Rautins era un ragazzo d’oro. Flowers aveva un po’ di puzza sotto il naso, ma quando giocava era fortissimo. Un grande giocatore. Rautins era stato una prima scelta, ma arrivò pieno di insicurezze. Non era un cuor di leone e tendeva ad evitare gli scontri. Ma aveva un tiro micidiale e un passaggio strepitoso. L’ho sfruttato come sesto uomo, convincendolo che poteva cambiare le partite in meglio. Con la Virtus Bologna fu decisivo lui, entrando dopo 10 minuti, fece una partita stratosferica e segnò i tiri decisivi. Era già famoso negli Stati Uniti. L’ho ritrovato anni fa a Toronto in una cena, c’era anche il figlio Andy. Gli ho portato il dvd della finale di Korac che ho avuto da Sbarra. Era contentissimo. Ho un ottimo ricordo di quella squadra. Avevo giocatori di talento. C’era anche Phil Melillo. Mi diede molte soddisfazioni anche Franco Rossi, un ottimo ragazzo, con voglia di lavorare e di imparare. Lo feci debuttare proprio in Korac, contro Challans. In Normandia, invece, successe un episodio divertente…
Ce lo racconti.
All’una e mezza di notte chiama in albergo la moglie di Rautins che non riusciva ad accendere la caldaia a casa. Lui scende nella hall, io ero con Flammini e Mecozzi e lo vediamo disperato perché la moglie non poteva fare il bagno al figlio con l’acqua fredda. Allora Mecozzi trovò non so come uno stagnaro che andò a casa di Rautins per mettere a posto la caldaia scoprendo che il problema era che la moglie non riusciva ad accenderla col fiammifero. Rautins andò a letto alle 3 di notte… Ero preoccupato. Ma poi vincemmo e giocò bene.
Com’era il rapporto con il pubblico?
Io adoravo il pubblico romano. E i romani in generale. Mi sono sempre avvicinato a loro senza aspettare che loro si avvicinassero a me. Ci parlavo, mi dicevano anche ciò che non piaceva loro della squadra. Un paio di volte siamo anche andati a mangiare una pizza. Quando sono tornato da ex stavano lì e mi aspettavano, fu un’accoglienza commovente. Ogni volta che vengo a Roma non vorrei mai tornare indietro. La gente pensa che i romani sono sbruffoni e arroganti. Invece sono di una simpatia, affettuosità e cordialità che raramente ho trovato in altre città. E ne ho girate tante. Non sono abbastanza valorizzati i romani, io li adoro. Sono simpatici, veri, puliti.
Il legame non si è mai spezzato quindi.
A Roma tornerei domani mattina a lavorare e a vivere. I romani sono simpatici, il clima è ottimo, si mangia divinamente. Che vuoi di più? Ci ripenso spesso e ogni volta che mi capita di tornarci sono contento. Ho tanti amici. Oltre a Valerio che è un grande amico, stimo molto anche Marco Calvani. Ho sempre seguito con simpatia le sorti della squadra di Roma, ho apprezzato molto il lavoro della squadra allenata da Marco che è arrivata in finale. Ho scritto una lettera di fuoco alla Gazzetta dello Sport, che me l’ha pubblicata, per denunciare l’ingiustizia che ha subito, perché si sarebbe meritato la riconferma e invece lo hanno mandato via. In alcuni giocatori di quella squadra si vedeva il frutto del suo lavoro di insegnante di pallacanestro. Ma spesso sono cose che i general manager non colgono perché guardano altre cose.
Com’era giocare al Palaeur da padrone di casa?
Il Palazzo metteva soggezione, con questi spazi enormi. Spesso sbagliavo spogliatoio o mi ritrovavo al piano sbagliato. Poi quando entravo in quella arena enorme, gli spazi ci mettevano in difficoltà. Bisognava prendere le misure il sabato mattina, quando ci allenavamo lì. E’ difficile giocare lì se non sei abituato a quelle distanze e alla profondità. Sono enormi rispetto agli altri palazzetti. Ai giocatori dicevo: siccome è un campo difficile per segnare, dobbiamo difendere fortissimo e pensare a non far segnare gli altri. Mi hanno seguito. La Korac l’abbiamo vinta in difesa.
Quale fu la mossa vincente?
All’andata scelsi di non preparare difese speciali per Oscar, ma di marcare fortissimo gli altri quattro. Tanto lui avrebbe comunque fatto tanti punti. Al ritorno feci il contrario. Preparai una match-up con cambi sistematici e a lui la palla non arrivava mai. Fece pochi punti e segnò poco. Volevo che lui pensasse di poter avere la stessa libertà che aveva avuto all’andata per poi sorprenderlo. E rimasero spiazzati anche i compagni di squadra, che non si aspettavano di trovarsi a giocare molti più palloni del solito. Si rivelò una mossa vincente a livello psicologico. E’ stata una grande vittoria. Alla fine mi commossi. Una marea di gente sugli spalti, l’invasione di campo, la soddisfazione di aver vinto una coppa. Fu bellissimo.
Lo scoglio più duro per arrivare in finale?
La semifinale con Antibes, allenata da Andrijesevic. Loro erano primi in classifica in Francia, noi avevamo qualche infortunio. Ma la mia era una squadra in grado di soppperire a questi problemi anche perché era composta da giocatori che giocavano insieme da anni. Era molto ben amalgamata di suo. Io mi limitai a portare qualcosa di diverso in difesa.
Era famoso per quello, in quegli anni.
A proposito di Bancoroma, al termine della stagione 1982-83 Larry Wright disse che nessun difensore lo aveva messo in difficoltà in Italia, ma una squadra: Gorizia. E la allenavo io. Facevo cose che in Italia non faceva nessuno. Bianchini dopo i playoff mi chiese: ma che difesa hai fatto, Mario? E io: te lo spiego a fine campionato…
Oltre ai giocatori e al pubblico, cos’altro le torna in mente pensando a quell’annata?
Rapporti umani fortissimi e veri che mi hanno arricchito. Vorrei citare subito Rino Saba. Il suo ricordo ancora mi emoziona. Quando ho saputo della sua morte ho pianto tutto il giorno. Ero sempre con lui a Roma, fu la mia guida in quella stagione. Una persona fantastica. Di una bontà indefinita. Onesto. Pulito. Anche Maurizio Flammini mi aiutò parecchio. Di Roma conoscevo poco e lui mi ha aiutato, aveva anche una grande esperienza di settori giovanili. Abbiamo anche litigato, ma sempre con spirito costruttivo. C’erano ottimi tecnici, come Bernardini. Conobbi Calvani in quel periodo. E’ un ricordo bellissimo. Ho un grande ricordo anche di Claudio Culini. Super. Andavamo sempre a pranzo insieme in una paninoteca a Settebagni e poi tornavamo subito in palestra.
Un saluto ai tifosi romani di oggi e di ieri?
Se potessi, tornerei indietro di trent’anni per rivivere quell’annata dal primo all’ultimo secondo.
I TABELLINI DELLA FINALE
Giovedì 20/3/1986
Mobilgirgi Caserta-Bancoroma 78-84 (33-45)
Mobilgirgi: Lopez 14 (5/15, 0/2), Gentile 8 (3/7, 0/3), Esposito, Dell’Agnello (0/9), Capone 12 (3/6, 2/3), Oscar 34 (4/12, 7/14), Generali 5 (0/1), Chiusolo n.e., Ricci 5 (2/7), Palmieri. All. Tanjevic
Bancoroma: Bastianelli n.e., Sbarra 11 (5/10), Picozzi n.e., Flowers 14 (6/11), Rautins 20 (6/14, 1/1), Gilardi 19 (4/11, 1/4), Polesello 4 (1/8), Solfrini 14 (4/10), Rossi 2 (1/1), Valente n.e. All. De Sisti
Arbitri: Mainini (Fra) e Gerrard (Ing). Comissario Fiba: Popovic (Jug)
Spettatori: 8000 Incasso 90 milioni
Tiro: Mobilgirgi 26/79, Bancoroma 29/70. Tiri liberi: Mobilgirgi 18/21, Bancoroma 24/32. Tiri da tre: Mobilgirgi 9/22, Bancoroma 2/5. Rimbalzi: Mobilgirgi 25, Bancoroma 47
Giovedì 27/3/1986
Bancoroma-Mobilgirgi Caserta 73-72 (43-41)
Bancoroma: Bastianelli n.e., Sbarra 17 (7/10), Picozzi n.e., Flowers 12 (5/7), Rautins 21 (5/10, 1/3), Gilardi 15 (4/9, 2/3), Polesello 3 (0/5), Solfrini 5 (2/6), Rossi n.e., Valente n.e. All. De Sisti
Mobilgirgi: Lopez 16 (4/13, 2/5), Gentile 12 (5/9), Esposito n.e., Dell’Agnello 13 (6/12), Capone (0/2 da tre), Oscar 19 (5/14, 1/6), Generali 5 (1/4), Scaranzin n.e., Ricci 7 (3/5), Palmieri n.e. All. Tanjevic
Arbitri: De Costner (Bel) e Zych (Pol). Commisario Fiba: Turner (Ing)
Spettatori: 13.600 paganti. Incasso 90 milioni
Tiro: Bancoroma 26/53, Mobilgirgi 27/71. Tiri liberi: Bancoroma 18/27, Mobilgirgi 13/18. Tiri da tre: Bancoroma 3/6, Mobilgirgi 3/13. Rimbalzi: Bancoroma 35, Mobilgirgi 30
In quel periodo di interminabili ore di sport, ho ricordi che passano come un treno in corsa. Lo scudetto di Roma, la mia Virtus, l’europeo di Gamba vinto. Ancora prima, da bambino il Sabato su Koper Capodistria, seguivo le partite con Sergio alla voce del campionato Slavo. Se ti dicessi che capisco di Basket, ti direi una bugia ma la palla che bucava la retina mi affascinava. Può’ essere della Grecia che batte la Russia con Galis, di un punto, noi che perdiamo la Champions contro il Maccabi. Ho sempre tifato contro Milano, allora la Scavolini era in auge, Livorno con i canestro incriminato sfioro’ il titolo, le prime partite su Mediaset delle sfide epiche tra Boston di Larry e L.A. col gancio cielo che mi faceva un antipatia. Tanto sport, Bariviera che sbaglia i liberi e vinciamo lo scudetto, a Roma se non erro si giocarono i Mondiali di Pallavolo e perdemmo in finale contro la Russia. Quanti ricordi, quanti flash, quanta vita pulita seguendo e praticando sport.
Non so quanto ne capisci, ma di sicuro ne hai vissuto tanto, di basket!