“I catalani sono più forti sia nei rimbalzi sia al tiro. E il basket, con la sua dialettica, finisce qua”. Disse così Aldo Giordani durante la telecronaca del primo tempo della finale di Coppa dei Campioni tra Bancoroma e Barcellona. (Altri passi li trovate in Banco! L’urlo del Palaeur). E’ passato tanto tempo, la dialettica del basket non è così semplice, ma alcuni capisaldi sono ancora quelli e non sempre arriva un Larry Wright a stravolgerla. La Serbia, superiore all’Italia nei rimbalzi e al tiro (oltre che nel fisico e perfino in difesa), vince e condanna la nostra Nazionale a non andare per l’ennesima volta oltre i quarti di finale. Squadra più forte batte squadra più debole. Finisce così un campionato europeo in cui la squadra italiana ha fatto ciò che ha potuto, lasciando un’impressione decisamente migliore rispetto alle ultime esibizioni, dal Preolimpico di un anno fa a tutti gli ultimi Europei dal 2005 in poi, compreso quello del 2015, pur raggiungendo lo stesso risultato ma con un roster che non era di certo il più forte di sempre ma che era sicuramente superiore a questo.
I giocatori ci hanno messo tutto l’impegno possibile. Messina ha dato un senso tecnico al materiale che aveva. Sia nell’organizzazione difensiva (cambi, scelte e adeguamenti sempre fatti con criterio), sia in quella offensiva (Belinelli solo finalizzatore e non anche portatore di palla, ricerca di tiri costruiti con più logica), Sotto traccia è già facile intuire che qualcosa gli verrà imputato, pur a bassa voce, trattandosi di uno dei più grandi cervelli mai prodotti non solo dal basket, ma da tutto lo sport italiano. E’ più semplice, tanto se ne va. Già sembra di leggere, tra le righe, che tutto sommato Gallinari avrebbe anche potuto giocare…
Senza tornare sui motivi della sua esclusione, vale la pena ricordare che Gallinari c’è quasi sempre stato, che ha partecipato agli Europei del 2011 e a quelli del 2015, con risultati a facile portata di google. Sono stati anni in cui s’è parlato sempre tanto, forse troppo, dei nostri uomini NBA: Oltre a lui e Belinelli, anche Datome e Bargnani, ultimamente anche Gentile, che se non sta in NBA (anzi, se non ha mai reso secondo il suo potenziale) non è certo per lacune tecniche. Commettendo un duplice errore. 1) Immaginare che tutto dipendesse da loro e dalla loro bravura, perdendo di vista lacune croniche (ad esempio play e soprattutto pivot, hai detto niente…) dei roster che di volta in volta presentavamo 2) Dimenticare che altrettanti, se non di più e più forti, li avevano anche gli altri.
Nel frattempo, sono 13 anni che non partecipiamo alle Olimpiadi, 11 anni che non partecipiamo ai Mondiali, 14 anni che non saliamo sul podio europeo. Dove peraltro salimmo con una Nazionale che viene unanimemente definita inferiore a quella attuale (come quella – molto simile – che vinse l’argento olimpico del 2004), ma a questo punto qualche dubbio ci viene.
E ora? Appurato che, pur con le dovute differenze tra ciò che ci hanno mostrato il Recalcati/2, Pianigiani e Messina (ovviamente a favore di quest’ultimo), non può essere un problema di allenatore, ed essendo ormai chiaro che una generazione è al capolinea (Bargnani è già out, Belinelli probabilmente si autoescluderà presto), su questa generazione, che a volte ho anche sentito mia, pende forte un punto di domanda. E se, semplicemente e senza colpe di nessuno, non si fosse trattato di una generazione così forte come il mondo del basket si è spesso raccontato da solo? La domanda può anche cadere nel vuoto. Ora che un ricambio è inevitabile, c’è un vuoto più importante da coprire. Per riuscirci dovremmo pensare prima di tutto a produrre giocatori. Non saperlo fare, questa sì che è una colpa.
Un vuoto purtroppo assordante………